Il mercato dell’arte reagisce al Coronavirus
di Giuliano Papalini
Il Coronavirus, oltre a tenere in ostaggio milioni di persone dal punto di vista sanitario, ha
dato il colpo di grazia ai mercati finanziari, molti dei quali già fortemente volatili a causa
della crisi economica in atto da diversi anni. Dall’inizio del contagio le Borse di tutto il
mondo stanno bruciando migliaia di miliardi di dollari, con forti perdite su tutte le società
quotate. Piazza Affari, il 12 marzo, ha fatto registrare un crollo del 16,9%, il peggiore della
sua storia e le borse di tutto il mondo l’hanno seguita a ruota. Il VIX, l’indice che indica la
volatilità attesa sui mercati, meglio noto tra gli operatori finanziari come “l’indice della
paura” è tornato ai livelli del crac di Lehman Brothers. Per non parlare dei tassi di
interesse dei titoli di stato che dopo l’ennesimo ribasso del costo denaro per far fronte
all’emergenza, sono prossimi allo zero e in molti casi (come per esempio quelli tedeschi)
sono addirittura negativi. Con questo scenario la caccia al rendimento porta
inevitabilmente a valutare investimenti alternativi per diversificare almeno una parte del
portafoglio.
Il bene rifugio per eccellenza è tradizionalmente l’oro che dopo un forte balzo iniziale
oscilla da alcuni giorni intorno ai 1600 dollari l’oncia, ai massimi livelli dal 2012. Ma si sta
affermando con forza, non solo all’interno del settore, ma anche tra gli operatori
istituzionali ( banche, fondi, ecc.) la tendenza a orientare gli investitori verso il mercato
dell’arte. Una tendenza che nasce dalla convinzione che, oggi più che mai, investire in
arte è una delle possibilità a disposizione per ogni tipo di patrimonio e con attese di ritorni
economici nel medio e lungo periodo.
D’altronde, come emerge da The Art Market Report 2020 prodotto da Art Basel e Ubs, nel
2019 le vendite globali di arte e antiquariato si sono attestate a 64,1 miliardi di dollari, in
lieve calo sull’anno precedente ma sempre il 62% in più rispetto alle cifre di dieci anni fa. E
vale la pena sottolineare che i volumi, seppur lentamente, hanno continuato a crescere
(+2%), con un numero di transazioni stimato in oltre 40 milioni, il livello più alto del
decennio (+34% sul 2009). Un segno evidente del progressivo ampliamento della platea
del collezionismo.
Puntare sull’arte dunque è una possibilità sempre più considerata, oltre che dal
collezionismo “tradizionale”, anche dalle nuove generazioni di investitori, grazie soprattutto
alla nascita di piattaforme tecnologiche in grado di offrire le soluzioni e gli strumenti
necessari per soddisfare una domanda sempre più sofisticata ed esigente attraverso
l’utilizzo della rete. Che la rete sia già di fatto un elemento determinante per lo sviluppo
futuro del mercato dell’arte – come abbiamo scritto in un precedente articolo – lo
dimostrano le cifre: il 2019 si è chiuso con transazioni online che hanno sfiorato i 5,5
miliardi di dollari, segnando un +10,2 % rispetto all’anno precedente. E dalle prime stime
degli analisti del settore emerge che nel 2020 sarà ampiamente superata la soglia dei 6
miliardi, fino a raggiungere i 10 miliardi di dollari entro il 2023.
Trasversale ed eterogenea la composizione del target di riferimento dell’acquirente d’arte
online: si va dalla generazione digitale alle prime esperienze, al collezionista tradizionale.
Secondo il report 2019 Hiscox online art trade – quasi il 25% dei millennial che oggi collezionano,
prima di acquistare arte nel web non aveva mai comprato opere: ne’ in galleria, ne’ in un’asta,
ne’ nella miriade di fiere che popolano il pianeta. E inoltre ben il 30% dei collezionisti di nuova
generazione dichiara di preferire gli acquisti online a quelli “tradizionali” (nel 2017 erano
poco più del 10%). Di questi, circa l’80% rivela di aver fatto, nel 2019, più di un acquisto di
opere online ( + 20% rispetto al 2018).
“Come il mondo dell’arte uscirà dal contagio – scrive Marilena Pirrelli su Il Sole 24 ore del
7 marzo scorso – è una storia ancora da scrivere. Oggi possiamo ipotizzare molti
cambiamenti e sicuramente la presenza più vitale di un collezionismo più giovane e più
attivo in rete, che all’estero inizia a farsi sentire anche a livello istituzionale. La forza dei
nuovi mecenati della generazione dei Millennial già nel 2019 è stata evidente: hanno
comprato più opere d’arte e hanno speso di più, in media 3 milioni di dollari in due anni,
secondo lo studio di Clare McAndrew, fondatrice di Arts Economics pubblicato su The Art
Market Report 2020. Una cifra che rappresenta sei volte quanto hanno speso i
Boomers……”
C’è da augurarsi dunque che il loro potere d’acquisto rimanga così forte in questo 2020 iniziato
con il Coronavirus. Fa ben sperare L’Art Market Confidence Index a cura di Artprice che dal 2008
misura in tempo reale l’opinione degli operatori del mercato dell’arte (professionisti e privati)
sulla salute attuale del mercato e sulla sua evoluzione futura è piuttosto ottimista anche in piena
emergenza coronavirus. In data 13 marzo 2020 la percentuale di chi, anche nell’attuale congiuntura
economica sfavorevole, è intenzionato a comprare opere d’arte è del 59% a fronte di un debole 16%
dei contrari. Altrettanto incoraggiante l’opinione sull’evoluzione dei prezzi dell’arte nei prossimi mesi
con un buon 35% che prevede un aumento dei prezzi a fronte di un 24% che oscilla tra diminuzione
e stabilità.